Gennaro Nasti: la storia di un pizzaiolo che pensa da chef

 

di Laura Guerra

Napoli e la Francia un legame storico di cui ancora si rintracciano segni ed eredità. Nella lingua, soprattutto quella del cibo, da brioche a boite l’elenco è lungo. Ma anche nei modi di dire. “Sei un bijou” ad esempio racchiude rotondo un complimento e la bontà di una cosa fatta con passione.

Sarà per questo che Gennaro Nasti, nato e cresciuto a Secondigliano, pizzaiolo per scelta e non per dinastia, una lunga gavetta Napoli-resto del mondo, ha chiamato la sua pizzeria a Montmartre-Parigi, Bijou, 3° posto nella classifica delle Migliori Pizzerie d’Europa per 50TopPizza edizione 2020 e Pizza of the Year 2020 – Solania Award.

Le pizze sono dischi di pasta che accolgono topping pensati e realizzati in cucina e che qui hanno trovato l’apprezzamento di un tipo di palato abituato a dare valore al lavoro fatto ai fornelli.

Facciamo il caviale di champagne – racconta –  e il ragù senza carne ma che restituisce appieno il sapore del classico ragù napoletano”.  Merito della personale selezione di pomodori biologici e della tecnica di cottura lunga e in forno a legna.

Sono solo due esempi che indicano con chiarezza quale è il concetto che sostiene il suo progetto: una pizzeria pensata come un ristorante gastronomico e che nella capitale francese ha trovato espressione e terreno culturale fertile per attecchire e far fruttare l’estro di Gennaro Nasti, pizzaiolo napoletano con  mentalità di chef.

Approdato a Parigi dopo una gavetta cominciata nelle pizzerie di  quartiere di Secondigliano e periodi da Starita e in altre pizzerie napoletane ha fatto esperienze in vari angoli del mondo, fra cui gli Stati Uniti.

Il risultato è una grande sperimentazione sugli impasti tanto da trasformare quasi il disco di pasta in un piatto da portata concepito per esaltare i topping. Nascono da questa concezione impasti da blend con diverse farine proposti poi in una formula degustazione che prevede vari spicchi realizzati con basi differenti e condimenti per alcune pizze serviti direttamente al tavolo dell’ospite. Un momento che dà grande protagonismo al servizio di sala in perfetto mood francese con taglio e topping montato davanti al cliente. Il risultato è una grande valorizzazione di consistenze e colori  che mira a dare alla pizza l’onore di piatto d’alta cucina.

Sollecitato ad immaginare la pizza del futuro, conclude: “La pizza del futuro per me è la margherita contemporanea, fatta con impasti e condimenti più leggeri ma che sanno dare lo stesso sapore della tradizione”.

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