LA RIVINCITA DEI VINI “FRIENDLY”THE RETURN OF THE “FRIENDLY” WINES

Forse c’era da aspettarselo. Probabilmente, quando la gara è stata prevalentemente fra concentrazione e potenza, fra muscoli e alcol, fra ciccia e polpa, i più lungimiranti avrebbero dovuto prevedere che sarebbe arrivata la rivincita dei piccoli ma buoni, degli esili ma eleganti, dei longilinei ma scattanti.

 

È che la ridondanza, forse, era figlia di quei tempi anche nell’enogastronomia: l’ostentazione e l’esibizione costituivano parte integrante di piatti calligrafici, colorati e costosi, anche se talvolta senz’anima, oppure di vini culturistici, dopati, inchiostrati e ipervitaminici. Come si rivelavano nel bicchiere quei campioni per i quali non si sapeva, pur con tutta la buona volontà, che cosa ci si sarebbe dovuti inventare per riuscire a terminare la bottiglia. Le cose sono cambiate, soprattutto a livello di costumi, abitudini e modi d’approcciare alla tavola. Lo spirito d’emulazione è venuto meno, si sono prese le misure da mode effimere ma senza costrutto, e da lì sempre più persone (questo però non è per forza di cose un merito, ma sia detto senza snobismi) hanno preso l’abitudine di dire la loro, di confrontarsi o di esprimere ufficialmente opinioni: ovviamente non riferendoci in questa sede alle estremizzazioni pregiudizievoli, alle sentenze gratuite, agli atteggiamenti superbi o inquisitori, soprattutto quando faziosi o incompetenti. Così il mondo del mangia e bevi non è stato più visto dal basso, rispetto a quelli che sembravano i colossi del settore, ma anche da sopra, di lato, di sguincio o controluce.

 

Svolte epocali, dettate anche dalle mutate aspettative economiche e dalle crisi sopravvenute in millanta settori: e allora via con la nobilitazione del panino (senza nulla togliere alle golosità che ormai girano regolarmente con questo nome), al cibo da strada o alla pizza a taglio. Poteva quindi il nettare di Bacco rimanere indenne da tali mutazioni, di gusti e di costume? Certo che no: l’immediatezza, il sorriso, la semplicità comunicativa, la riconoscibilità, la luminosità (oltre alla convivialità) sono divenuti gli assi portanti dei nuovi gusti enoici dei giovani, ma anche di molti dei consumatori più attempati. Rossi freschi da consumare anche d’estate, persino sul pesce, così come bianchi tornati a connotare trame organolettiche dinamiche: piacevolmente puntute e scorrevoli, quindi mai opulente, grasse o dai flaccidi rimandi ai frutti esotici piuttosto che ai legni tostati o alle spezie affumicate. Le bottiglie vanno finite, non più lasciate ad ossidarsi sul tavolo, come di sovente avveniva quando quei granitici “mangia e bevi” erano capaci di saziare addirittura più dei brasati, delle code alla vaccinara o dei cinghiali in umido che allietavano il dì di festa: l’occasione in cui si metteva finalmente mano a quel campione conservato in cantina, anche troppo, sperando di serbarne memoria vita natural durante.

 

Oggi, invece, è (finalmente?) il momento della Schiava, del Lagrein, del Grignolino, della Barbera tornata in alcuni casi ad essere quella femminea e maliziosa d’un tempo, del Ruchè di Castagnole Monferrato, del Frappato di sicula memoria o dei Lambruschi (fra l’altro divenuti anche meno rustici e grezzi rispetto a qualche anno fa). Per non dire di Vermentini sinuosi e scapigliati, delle Falanghine che t’accolgono con le labbra a cuoricino, del successo impressionante del Prosecco oppure del ritorno ai rosati: che dal Chiaretto del Garda al Cerasuolo d’Abruzzo, giù giù fino al Salento, ti permettono di godere di pane e salame come di un ruspante pollo alla cacciatora, di una profumata zuppa di pesce come di un salmastro trancio di tonno.

 

Sarà innamoramento o amore? Per i vecchi colossi è sopraggiunta la fine? C’è meno voglia di complicarsi pur propositivamente la vita? Si è tutti un po’ più stanchi? O forse, alla fine della fiera, anche questa si rivelerà una moda, magari meno passeggera di altre, in attesa che nuove dinamiche mercantili e papille ancor più giovani schiudano prospettive diverse, originali provocazioni, distaccati revival o tragici pentimenti?

 

Ai posteri…

 

Fabio Turchetti

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